Elezioni 2008, a caccia di economia ecologica nelle liste: Udc

A due settimane dalle elezioni, greenreport ‘sonda’, attraverso domande cogenti sull’economia ecologica, la propensione verso di essa nelle formazioni politiche. Il metodo da noi seguito è quello di aver inviato quattro domande uguali per tutti. Cominciamo con chi ci ha riposto per primo: Pino Lucchesi, responsabile nazionale dipartimento ambiente Udc

Dal rapporto Ipcc nessuno può più far finta di niente: l´economia o sarà ecologica o rimarrà sepolta dalle sue insostenibili contraddizioni ambientali e sociali. Come mai questo metaobiettivo (che potrebbe essere il vero obiettivo bypartisan) è praticamente ignorato da tutti (o quasi)? Qual è la vostra posizione?
«Ammetto di avere una "visione" condizionata della mia trascorsa esperienza come Presidente del Comitato Interministeriale per la Certificazione ambientale europea Emas ed Ecolabel. Il mio giudizio, quindi, è sintonico con le molte "realtà" – presenti nel nostro paese ed altrove – che dimostrano la piena compatibilità tra corretti investimenti economici e tutela ambientale. Con il passare degli anni e l’esplosione esponenziale dei problemi connessi allo sviluppo, questa "porta" si fa sempre più stretta. Ecco perché occorre decisione e prontezza anche nelle scelte connesse alle responsabilità di Governo. Ecco perché sono preoccupato, anzi molto preoccupato, per la inconsistente vaghezza dei Programmi elettorali (specie quelli delle ipotizzate formazioni maggiori) al riguardo. Tale preoccupazione è destinata ad ampliarsi nel caso di una vittoria elettorale della CDL, una formazione – mi pare – molto impegnata sul versante del "laisser faire"».

Economia ecologica, economia sostenibile, significa governo democratico dei flussi di energia e di materia. Significa più governo collettivo (cioè più politica) e meno "dinamiche autonome" del mercato (cioè economia come sottosistema della politica e non il contrario). E´ d´accordo?
«Bisognerebbe intenderci su cosa significa "Governo Collettivo". Se si tratta di un richiamo alle responsabilità generale (quindi di tutti) non si può che essere d’accordo; se si tratta di evocare esperienze collettivistiche che hanno fatto il loro tempo il mio dissenso è pieno. Credo, invece, che si dovrebbe partire da un diverso assioma: che non ci sono primogeniture né vocazioni specifiche sul versante della tutela ambientale. Intanto, allora, bisognerebbe trovarci d’accordo sul fatto, in generale, che la prevenzione dei danni è economicamente più vantaggiosa degli interventi riparatori, improvvisati, emergenziali (vedi vicenda del pattume campano). Sono, al riguardo, d’accordo con le indicazioni del rapporto Stern che stima nell’ordine dell’uno per cento del PIL mondiale (un traguardo non proibitivo) il costo dell’impegno che dovrebbe essere messo in campo per prevenire ed evitare impatti dirompenti sulle economie del Mondo causati cambiamenti climatici ed attività antropiche. Naturalmente ci vuole più politica e più politica responsabile sia a livello nazionale che sopranazionale. Non mi pare che in Italia si faccia molto per attrezzarci al riguardo».

Economia ecologica significa ottimizzazione e riduzione dei flussi di energia e di materia. Come mai sulla necessità di intervenire sui flussi di energia quasi tutti sono d´accordo (a parte il come che non è secondario) ma sui flussi di materia c´è il silenzio assoluto (a parte il segmento finale dei rifiuti sul quale tutti fanno riferimento alle direttive europee che prevedono il ciclo integrato con riduzione, recupero di materia, recupero di energia, smaltimento in discarica)?
«I flussi di materia sono un fattore decisivo proprio come i flussi di energia. Entrambi gli aspetti richiedono, e su questo bisogna essere chiari, politiche di lungo periodo e di respiro internazionale, quanto meno Europeo. Con tutte le incertezze del caso, credo che le politiche ambientali di "seconda generazione" stiano andando nella direzione giusta, proprio a partire dall´Europa. I flussi di materia sono infatti ottimizzati e ridotti agendo non più solo sull´offerta (produzione), ma necessariamente sulla domanda. I primi anni di applicazione degli strumenti volontari di etichettatura ecologica, ad esempio, ci dicono proprio questo: le più virtuose fra le imprese soffrono una scarsa incisività della richiesta, nonostante un interesse della grande distribuzione a riguardo. Quindi, in sintesi, far uscire i consumi e le modalità del consumo "ecologici" dalla nicchia, attraverso l´educazione, informazione e incentivazione. Passare, come sta facendo la Commissione Europea, da una Politica Integrata di Prodotto ad una Strategia per la Produzione ed il Consumo Sostenibili. Non più rinviabile, inoltre, un vero e serio GPP italiano. Parallelamente all´azione sulla domanda, decisiva è quella sull´offerta. In Italia, in particolare, dobbiamo sviluppare molte più reti fra imprese e poli produttivi per la creazione di piattaforme e mercati di scambio che riducano palesi inefficienze. I distretti industriali, ad esempio, devono essere sostanzialmente riprogettati verso un vero modello di simbiosi industriale a scala locale. Entrambe queste leve, domanda e offerta, hanno inoltre bisogno di un grande catalizzatore: l´innovazione di processo e di prodotto. In tal senso, in Italia dobbiamo fare un passo deciso, e non più tentennare, verso un deciso ingresso della ricerca nelle PMI e viceversa. Non è possibile che brillanti ricercatori, dottorati, laureati siano ghettizzati in laboratori finanziati a singhiozzo per ottenere risultati non industrializzabili. Questa è una strada decisiva per ottimizzare e ridurre i flussi di materia. La fine del ciclo di vita, ormai nota alle cronache nazionali, in tal modo sarà una naturale conseguenza».

Questo quotidiano si è più volte espresso a favore dell´utilizzo della leva fiscale per orientare l´economia verso la sostenibilità (meno tasse al lavoro più tasse alle produzioni e ai consumi inquinanti): lei è d´accordo?
«Sono del tutto d’accordo. Già nella legislatura 2001-2206, per esempio, ho proposto a più riprese all’allora Ministro Matteoli (senza, per la verità, trovare grande ascolto) l’idea di allargare a tutto il Paese, con una apposita norma da inserire in Finanziaria, quanto deciso in via sperimentale dalla Regione Toscana circa l’abbattimento scalare dell’Irap in favore delle Organizzazioni certificate ISO 14001 o Registrate Emas, un piccolo ma importante riconoscimento – se vogliamo - per le Aziende concretamente impegnate a migliorare le proprie prestazioni ambientali ed aperte al giudizio ed alla valutazione (tramite la loro "dichiarazione ambientale") degli stakeholders di riferimento. E’ una idea che riproporrò – qualunque esso sia - al Governo prossimo venturo. Nello stesso ordine di idee concordo sulla necessità che le aziende maggiormente inquinanti e o impattanti (in genere quelle condizionate solo dalla ricerca del profitto a prescindere) vengano costantemente monitorate ad all’occorrenza "mazziate" a dovere. Ma sinceramente con l’aria di "veltrusconizzazione" che tira c’è poco da stare allegri e sperare…».

Sinistra Arcobaleno - Oggi è la volta della Sinistra Arcobaleno, con Fulvia Bandoli

Dal rapporto Ipcc nessuno può più far finta di niente: l´economia o sarà ecologica o rimarrà sepolta dalle sue insostenibili contraddizioni ambientali e sociali. Come mai questo metaobiettivo (che potrebbe essere il vero obiettivo bypartisan) è praticamente ignorato da tutti (o quasi)? Qual è la vostra posizione?
«Nessuno dovrebbe più far finta di nulla, ma non ho mai creduto che questo tema sia condiviso da tutti. Il modello di sviluppo liberista, quello che mette al centro solo il mercato e che misura lo sviluppo solo in base al Pil non ha mai accettato di confrontarsi con iil limite delle risorse naturali, con la loro non riproducibilità e dunque non vede quelli che noi ecologisti chiamiamo i limiti dello sviluppo. Non è un caso che al centro dei programmi della destra ma purtroppo anche del Pd vi sia una crescita indistinta.
La posizione e i programmi della Sinistra Arcobaleno sono intrecciati in tutte le loro parti al tema della sostenibilità ambientale e della riconversione ecologica dell’economia.
Noi ci prendiamo la responsabilità di dire cosa deve crescere (servizi al territorio, alla persona, alle città; energie rinnovabili, reti idriche nuove e pubbliche, merci su ferro e mare, una edilizia di qualità che risparmia energia) e cosa deve decrescere ( consumi energetici e merci su gomma, industria dell’auto, nuove autostrade, consumo del territorio agricolo, cementificazione delle coste). Per noi l’ecologia è una delle culture fondanti di un nuovo soggetto unitario e plurale della sinistra in Italia. La nuova sinistra italiana sarà fortemente ecologista, questo, tra le molte incertezze, è un dato certo».

Economia ecologica, economia sostenibile, significa governo democratico dei flussi di energia e di materia. Significa più governo collettivo ( cioè più politica) e meno "dinamiche autonome" del mercato ( cioè economia come sottosistema della politica e non il contrario). E´ d´accordo?
«Sono d’accordo. Arrivo a dire anche qualcosa in più: più politica e anche maggiori indirizzi pubblici in economia, incentivi e disincentivi, per orientare lo sviluppo verso i settori più innovativi e meno energivori, per penalizzare chi non si riconverte. Oggi chi parla del ruolo dello stato in economia o chi sostiene il primato della politica rispetto all’economia e agli enormi poteri della finanza viene ritenuto un "passatista" . Le cose non stanno così e ci dovrebbero far riflettere altri paesi europei che hanno orientato in modo assai cogente le loro scelte energetiche, che hanno riconvertito interi settori economici, che hanno scelto la produzione di energie rinnovabili non per finta (come è accaduto da noi). Non ho mai creduto che l’ambientalismo debba prestare attenzione prevalentemente ai parchi, alle produzioni doc, al piccolo è bello, alle belle città d’Italia. La riconversione ecologica del nostro sviluppo deve toccare i settori strategici, entrare a piedi pari dentro la struttura economica del paese, dentro il sistema trasportistico, dentro il ciclo delle merci, il sistema del credito, dentro l’impresa automobilistica e quella edile, dentro l’agricoltura».

Economia ecologica significa ottimizzazione e riduzione dei flussi di energia e di materia. Come mai sulla necessità di intervenire sui flussi di energia quasi tutti sono d´accordo (a parte il come che non è secondario) ma sui flussi di materia c´è il silenzio assoluto (a parte il segmento finale dei rifiuti sul quale tutti fanno riferimento alle direttive europee che prevedono il ciclo integrato con riduzione, recupero di materia, recupero di energia, smaltimento in discarica)?
«Vorrei ricordare a proposito di energia che due leader politici si presentano con la proposta di tornare al nucleare (Berlusconi e Casini) e questo a me sembra grave perché avviene nel silenzio dei media e senza alcuna polemica se non da parte della Sinistra Arcobaleno. Insomma ci sono idee molto diverse anche sulle politiche energetiche e sarebbe quanto mai utile che a Porta a Porta invece che discutere di sondaggi si discutesse di politiche energetiche mettendo a confronto i vari programmi. Sulla smaterializzazione dell’economia invece il ragionamento è più complesso, perché tocca direttamente il ciclo delle merci, i modi di produrre, i materiali che si usano. E il consumismo che è l’anima del liberismo. Non a caso oramai quasi tutte le forze politiche si rivolgono al cittadino consumatore (non al cittadino lavoratore, portatore di diritti, studente, ricercatore, disoccupato, precario etc…). Ma una nuova cultura economica, come avete detto voi all’inizio, può fondarsi solo sull’ecologia e sulla sostenibilità. Non ci sarà progresso umano se non si risolvono le grandi contraddizioni ecologiche (in primo luogo il profondo cambiamento del clima). E non ci sarà neppure sicurezza in un mondo dove miliardi di persone non possono accedere all’acqua (solo per fare un esempio.) Ho sempre pensato che la cultura politica e scientifica degli ecologisti sia anche una visione del mondo più giusta e più equa. L’unica che è in grado di interpretare il secolo che abbiamo di fronte e i suoi gravi conflitti».

Questo quotidiano si è più volte espresso a favore dell´utilizzo della leva fiscale per orientare l´economia verso la sostenibilità (meno tasse al lavoro più tasse alle produzioni e ai consumi inquinanti): lei è d´accordo?
«Ho già detto prima che credo molto agli incentivi e ai disincentivi, e dunque sono d’accordo con un sistema fiscale che sposti una parte sostanziale della tassazione dal lavoro ai consumi. E alle produzioni inquinanti. La carbon tax, ad esempio, era una scelta giusta, peccato non sia stata riproposta. C’è in Italia una idea vecchia del fisco e una resistenza ad innovare . Vorrei far osservare che molti paesi europei hanno messo già da tempo l’acceleratore sulla fiscalità ecologica, sarebbe ora di farlo con decisione anche in Italia».

Pd - Oggi è la volta del Pd, con Roberto Della Seta

Dal rapporto Ipcc nessuno può più far finta di niente: l´economia o sarà ecologica o rimarrà sepolta dalle sue insostenibili contraddizioni ambientali e sociali. Come mai questo metaobiettivo (che potrebbe essere il vero obiettivo bipartisan) è praticamente ignorato da tutti (o quasi)? Qual è la vostra posizione?
«Ormai il rapporto stretto che c’è non solo tra il futuro ambientale ed economico e la capacità che avremo di affrontare in particolare i cambiamenti climatici, credo sia largamente presente ai cittadini, all’opinione pubblica e cominci a farsi strada nella politica. In Europa sicuramente questo sta avvenendo visto che tutti i principali leader, in particolare quelli di centrosinistra ma non solo, ormai mettono ai primi posti del loro discorso pubblico proprio la questione della lotta ai mutamenti climatici e l’esigenza di cambiare radicalmente i modelli energetici. La politica italiana adesso è in ritardo rispetto a questa presa di coscienza e credo che una delle ragioni di maggiore ottimismo, per quanto mi riguarda, legata alla nascita del Pd è che il Pd ha messo al centro della sua analisi e anche della sua proposta questo tema. L’ha messo con Veltroni che dal primo discorso all’inizio della sua avventura, quello del Lingotto, prima come candidato segretario e poi segretario del Pd, disse che una delle quattro gradi sfide che segnavano il progetto del partito democratico era proprio la questione ambientale e in particolare quella della lotta ai mutamenti climatici. Questo stesso concetto lo ha ribadito in tutte le occasioni più importanti in cui ha delineato l’orizzonte del Pd e infatti sono questioni e temi centrali nel programma. Tant’è che uno dei 12 punti strategici si chiama l’ambientalismo del fare ed ha come obiettivo, usando uno slogan che credo efficace di Veltroni, quello di rottamare il petrolio rilanciando una grande politica di efficienza energetica e risparmio energetico che l’Italia ha abbandonato da molti e molti anni e puntando dunque sul decollo delle energie rinnovabili. Dall’altra parte la destra italiana continua invece a essere la destra largamente più anti-ambientalista d’Europa. In Europa infatti anche leader conservatori come Cameron e la Merkel parlano molto di ambiente e fanno anche scelte importanti per contrastare i mutamenti climatici, mentre in Italia fino a qualche anno fa addirittura il centrodestra negava l’esistenza del problema. Ricordiamo che Berlusconi nel primo discorso che tenne come presidente del consiglio in parlamento nel 2001, disse che i mutamenti climatici erano un falso problema inventato dagli ambientalisti. Ma anche oggi il popolo delle libertà ignora questa questione e quando lo fa ne parla in maniera assai discutibile, per esempio rilanciando l’energia nucleare che certamente non è la risposta alla sfida rappresentata mutamenti climatici, se non altro l’energia nucleare che conosciamo e che non ha minimamente risolto il problema delle scorie. Credo che in campo, se rimaniamo ai due schieramenti che hanno le maggiori possibilità di avere la maggioranza degli elettori italiani, ci siano due proposte che sono molto lontane e diverse».

Economia ecologica, economia sostenibile, significa governo democratico dei flussi di energia e di materia. Significa più governo collettivo (cioè più politica) e meno "dinamiche autonome" del mercato (cioè economia come sottosistema della politica e non il contrario). E´ d´accordo?
«In parte sono d’accordo. Nel senso che sicuramente gli indirizzi generali della politica energetica debbano essere fissati da chi ha ricevuto il consenso dei cittadini. E quindi gli indirizzi della politica energetica non possono essere lasciati alla libera valutazione del mercato. Io credo però che oggi il mercato, se ben regolato e ben indirizzato, possa essere un grande alleato nel cammino per rinnovare i sistemi energetici. Perché oggi per esempio è un grande interesse delle imprese quello di migliorare l’efficienza energetica del nostro paese. Più efficienza energetica, significa produrre la stessa quantità di beni e servizi consumando meno energia, quindi vuol dire più competitività delle nostre imprese. Imprese che, se invece questo investimento non lo faranno, rischiano di perdere posizioni competitive nei confronti delle imprese di paesi come la Germania, come il Regno Unito e come gran parte dei paesi europei che su questo fronte hanno investito, e stanno investendo, molto. In generale io penso che la liberalizzazione dell’offerta di energia, ripeto, se regolata da indirizzi chiari e vincolanti da parte di chi governa, può anche mettere in movimento una sorta di competizione virtuosa a chi offre i servizi più efficienti, ecologicamente più interessanti e scommette sulle energie rinnovabili. Così è in tutta Europa, ad esempio in Germania, dove appunto l’indirizzo della politica è stato un indirizzo fortemente incentivante e oggi il comparto delle rinnovabili ha dato lavoro a oltre 200mila persone, con migliaia di imprese innovative. La riconversione energetica, quindi, è una grande occasione per l’economia e anche per l’impresa e per chi vive di impresa».

Economia ecologica significa ottimizzazione e riduzione dei flussi di energia e di materia. Come mai sulla necessità di intervenire sui flussi di energia quasi tutti sono d´accordo (a parte il come che non è secondario) ma sui flussi di materia c´è il silenzio assoluto (a parte il segmento finale dei rifiuti sul quale tutti fanno riferimento alle direttive europee che prevedono il ciclo integrato con riduzione, recupero di materia, recupero di energia, smaltimento in discarica)?
«Questo dipende un po’ dal fatto che quando si parla dell’esigenza di ridurre i consumi energetici e migliorare l’efficienza energetica se ne parla a fronte di un problema che è già tra di noi, quello dei mutamenti climatici. I mutamenti climatici sono già un fatto, una realtà: provocano danni ambientali e danni alle persone. Il rapporto Stern ha detto che se non faremo il necessario per contrastare i mutamenti climatici pagheremo anche dei costi economici rilevantissimi che rischieranno di mettere in ginocchio le nostre economie. Quindi c’è una maggiore consapevolezza anche dell’esigenza molto realistica di affrontare questo problema. Quando si parla invece della necessità di ridurre i consumi di materie prime, non solo di energia, la connessione con le prospettive del progresso e del benessere non è ancora così radicata, né tra le persone né tanto meno tra le imprese e tra i governi e quindi c’è ancora una maggiore difficoltà a mettere anche questo altro aspetto al centro delle analisi che si fanno sul presente e sul futuro. Credo che uno dei compiti dei tanti ambientalisti che hanno scelto di aderire al partito democratico è, e sarà, proprio quello di rinnovare lo sguardo e la visione del riformismo, in questo caso del riformismo italiano, anche per quanto riguarda appunto quest’altra esigenza di disaccoppiare l’aumento della ricchezza dall’aumento del consumo delle materie prime. Nessuno può avere dubbi sulla necessità di produrre anche più ricchezza se la ricchezza significa più valore, invece di dubbi ce ne sono e ce ne devono essere tanti sulla possibilità che questo tipo di sviluppo sia uno sviluppo a cui corrisponde un prelievo continuamente in crescita del cosiddetto capitale naturale»

Questo quotidiano si è più volte espresso a favore dell’utilizzo della leva fiscale per orientare l´economia verso la sostenibilità (meno tasse al lavoro più tasse alle produzioni e ai consumi inquinanti): lei è d´accordo?
«Sono assolutamente d’accordo, penso che la leva fiscale sia decisiva per attuare e concretizzare i cambiamenti che noi come ambientalisti del Pd proponiamo. Nel programma del Pd, infatti, c’è un riferimento esplicito alla possibilità di introdurre una energy carbon tax che era stata tra l’altro una ipotesi già in parte concretizzatasi quando governava il primo governo Prodi e quando ministro dell’ambiente era Edo Ronchi, oggi dirigente del Pd. Poi però venne abbandonata e io credo che quella prospettiva vada invece ripresa perché è una prospettiva verso la quale si stanno muovendo tanti paesi europei e la stessa Ue. Se noi vogliamo davvero avvicinare la fuoriuscita dalla dipendenza dal petrolio e dai combustibili fossili, bisogna necessariamente rendere meno conveniente il consumo dei combustibili fossili e invece più conveniente il ricorso ad altre fonti di energia, al risparmio energetico, al miglioramento dell’efficienza. E per fare questo la leva fiscale è assolutamente insostituibile».

Partito Socialista - Oggi è la volta del Partito Socialista, con Philip Moschetti (responsabile politiche dell’Ambiente del Ps)

Dal rapporto Ipcc nessuno può più far finta di niente: l´economia o sarà ecologica o rimarrà sepolta dalle sue insostenibili contraddizioni ambientali e sociali. Come mai questo metaobiettivo (che potrebbe essere il vero obiettivo bipartisan) è praticamente ignorato da tutti (o quasi)? Qual è la vostra posizione?
«Il nostro programma dedica particolare attenzione ai temi ambientali e al risparmio energetico. Siamo convinti che si possono raggiungere risultati anche al di fuori del pensiero unico: nucleare si- nucleare no. La prima fonte di energia è il risparmio. L’energia consumata nell’edilizia residenziale per riscaldare gli ambienti e per l’acqua calda sanitaria rappresenta circa il 30% dei consumi energetici nazionali, e circa il 25% delle emissioni nazionali di anidride carbonica. Ottenendo risparmi del 10% l’anno su consumi ed emissioni per il prossimo quinquennio di governo ridurrebbe i consumi nazionali del 15% e le emissioni 12,5%. Risparmio energetico significa: consumare meno energia e ridurre subito le spese di riscaldamento e condizionamento; migliorare le condizioni di vita all’interno dell’appartamento migliorando il suo livello di comfort ed il benessere di chi soggiorna e vi abita, partecipare allo sforzo nazionale ed europeo per ridurre sensibilmente i consumi di combustibile da fonti fossili, proteggere l’ambiente in cui viviamo e contribuire alla riduzione dell’inquinamento del nostro paese e dell’intero pianeta, investire in modo intelligente e produttivo i nostri risparmi. Per entrare nel merito abbiamo messo a punto una serie di iniziative che riguardano sia gli enti locali, sia i privati. Per gli enti locali proponiamo l’estensione della detrazione (55%) per studi di diagnosi energetiche; agevolazioni a comuni e province per effettuare diagnosi energetiche sulle strutture pubbliche; obbligo di comuni ed enti locali di rendere pubblico il bilancio energetico delle strutture: quanti soldi vengono spesi per consumi di energia (benzina, riscaldamento corrente ecc…). Classificazione dei comuni più virtuosi; riduzione degli oneri di urbanizzazione in proporzione alla riduzione dell’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale rispetto a quello limite imposto dal D.Lgs. 311. Per quanto riguarda i privati. Per i privati il nostro programma prevede: agevolazioni fiscali per edifici di nuova costruzione che vengono costruiti in classe energetica A (contributi, riduzione ICI…); estensione del meccanismo di conto energia all’eolico per piccoli impianti; IVA agevolata per acquisto materiali ecocompatibili; incentivi per il recupero delle acque piovane per usi non potabili (giardini, lavaggio auto…)».

Economia ecologica, economia sostenibile, significa governo democratico dei flussi di energia e di materia. Significa più governo collettivo ( cioè più politica) e meno "dinamiche autonome" del mercato ( cioè economia come sottosistema della politica e non il contrario). E´ d´accordo?
«Il governo democratico non è necessariamente un processo centralizzato. Siamo del parere che il ruolo della politica sia quello di indirizzare il mercato e di limitarne le storture e gli eccessi non di controllarlo. Siamo per favorire la nascita di nuove imprese nel campo delle tecnologie ecologiche».

Economia ecologica significa ottimizzazione e riduzione dei flussi di energia e di materia. Come mai sulla necessità di intervenire sui flussi di energia quasi tutti sono d´accordo ( a parte il come che non è secondario) ma sui flussi di materia c´è il silenzio assoluto ( a parte il segmento finale dei rifiuti sul quale tutti fanno riferimento alle direttive europee che prevedono il ciclo integrato con riduzione, recupero di materia, recupero di energia, smaltimento in discarica)?
«E’ una domanda estremamente tecnica, alla quale sinceramente non siamo in grado di rispondere. Dal punto di vista politico i flussi di materia nascono dalle domande esercitate dal mercato e mi sembra impossibile limitare tali domande in modo democratico».

Questo quotidiano si è più volte espresso a favore dell´utilizzo della leva fiscale per orientare l´economia verso la sostenibilità ( meno tasse al lavoro più tasse alle produzioni e ai consumi inquinanti): lei è d´accordo?
«Naturalmente siamo d’accordo. Il problema è però che spesso queste politiche si trasformano in un aggravio di spesa per i consumatori e in un vantaggio per le aziende produttrici».

Partito comunista dei lavoratori - A sei giorni dalle elezioni è la volta del Partito comunista dei lavoratori, con Tiziano Bagarolo

Dal rapporto Ipcc nessuno può più far finta di niente: l´economia o sarà ecologica o rimarrà sepolta dalle sue insostenibili contraddizioni ambientali e sociali. Come mai questo metaobiettivo (che potrebbe essere il vero obiettivo bipartisan) è praticamente ignorato da tutti (o quasi)? Qual è la vostra posizione?
«Il sistema economico capitalistico, fondato sul profitto privato a breve termine, non è strutturalmente in condizione di farsi carico in modo adeguato delle questioni ambientali di ordine globale, quale l’effetto serra e i cambiamenti climatici che ne conseguono, perché affrontare "strategicamente" questi temi significa intervenire in modo pianficato e a lungo termine sul "modello di sviluppo". Ciò cozza con i vincoli di un’economia fondata sulle basi della proprietà privata dei mezzi di produzione e sulla "libertà del mercato". Tutti i governi - di destra, di centro o di centrosinistra, subalterni per loro natura alle logiche capitalistiche - non vorranno e non potranno mai intervenire in profondità sulle questioni (non solo tecnico-produttive, ma anche sociali) da cui dipendono questi problemi globali: le scelte energetiche, l’organizzazione territoriale, la mobilità e i trasporti, la distribuzione del reddito, le priorità dello sviluppo a lungo termine…).
L’approccio del PCL a questi temi combina l’impegno qui ed ora per "obiettivi parziali" sui terreni più urgenti (ad esempio la lotta per una radicale soluzione della questione rifiuti, che passa per la riduzione alla fonte responsabilizzando i produttori e riprogettando i beni, la raccolta differenziata, il recupero-riuso-riciclo; e non è certo risolvibile mediante l’attuale sistema che deresposabilizza i produttori e si affida al binomio inceneritori-discariche), con una prospettiva di mutamento radicale del "modo di produzione", perché solo questo mutamento può consentire di ottenere risultati duraturi sul "modello di produzione". Un modello che per il PCL deve privilegiare l’uso efficiente dell’energia e le fonti rinnovabili sulle fonti fossili o il nucleare (che non è affatto una soluzione, né sul piano economico né sul piano ecologico); la mobilità sostenibile e i trasporti collettivi e su rotaia su quella individuale su gomma; la pianificazione di uno sviluppo ecologicamente, socialmente e territorialmente sostenibile a lungo termine contro le derive consumistiche dettate dagli scandalosi divari di reddito attuali e dalla logica perversa della valorizzazione a breve termine del capitale; i consumi sociali collettivi su quelli privati ostensivi; un impegno di grande momento per la ricerca scientifica e tecnologica, finalizzato tuttavia non al prodotto o, peggio, agli armamenti, ma ai bisogni fondamentali degli esseri umani e del pianeta (emergenze sanitarie, sicurezza alimentare, preservazione della natura ecc.); la preservazione delle condizioni dell’ambiente a lungo termine sullo sfruttamento a breve termine a scopi speculativi del territorio e delle risorse; la costruzione di eque relazioni internazionali in un quadro di solidarietà fra i popoli (possibile solo in un quadro socialista), contro le logiche imperialistiche di dominio e di guerra che oggi dominano lo scenario mondiale, riproducono squilibri e conflitti e impedendo di affrontare i grandi temi cruciali del futuro dell’umanità».

Economia ecologica, economia sostenibile, significa governo democratico dei flussi di energia e di materia. Significa più governo collettivo ( cioè più politica) e meno "dinamiche autonome" del mercato ( cioè economia come sottosistema della politica e non il contrario). E´ d´accordo?
«Sì, a condizione di aggiungere due specificazioni:
1) Un’economia ecologica, democraticamente pianificata, non sarà possibile in un quadro capitalistico, ossia fino a quando domineranno la proprietà privata dei grandi mezzi di produzione e di scambio e il libero mercato (ossia la logica del profitto).
2) Dire "più politica" non basta. Occorre specificare "quale" politica. Il programma del PCL nasce da un bilancio radicalmente critico dello stalinismo, ossia di una politica che ha concentarto nella burocrazia le scelte economiche e politiche della società postacapitalistica. Il PCL si propone di realizzare una democrazia socialista fondata sull’estensione della democrazia consiliare e del potere dei lavoratori a tutti i livelli».

Economia ecologica significa ottimizzazione e riduzione dei flussi di energia e di materia. Come mai sulla necessità di intervenire sui flussi di energia quasi tutti sono d´accordo (a parte il come che non è secondario) ma sui flussi di materia c´è il silenzio assoluto (a parte il segmento finale dei rifiuti sul quale tutti fanno riferimento alle direttive europee che prevedono il ciclo integrato con riduzione, recupero di materia, recupero di energia, smaltimento in discarica)?

«Lo spreco di materia (oltrechè di energia e di territorio) è parte integrante del ciclo della valorizzazione del capitale. Ciò significa che potrà esserci una effettiva volontà di intervento su questo tema solo se c’è la volontà di intervenire sul "modo di produzione", ossia sulla logica capitalistica del sistema di produzione. Su questa strada, sono molto importanti tutti quei movimenti sociali che contestano scelte sciagurate di consumo del territorio e quelle logiche di sviluppo che in realtà continuano a promuovere lo spreco delle risorse».

Questo quotidiano si è più volte espresso a favore dell´utilizzo della leva fiscale per orientare l´economia verso la sostenibilità ( meno tasse al lavoro più tasse alle produzioni e ai consumi inquinanti): lei è d´accordo?
«La questione del riorientamento dei consumi e dell’economia attraverso la leva fiscale è malposto. Non che non si possa usare anche la leva fiscale. Ma a monte è necessario un intervento "strutturale" sul modo di produzione. Il rischio, altrimenti, è di far gravare tutto il peso di questo intervento sui lavoratori e sui ceti più deboli, senza intaccare i meccanismi strutturai, anche in tema di reddito, che solo alla base degli sprechi e dei consumi ecologicamente insostenibili. Una risposta più precisa può essere data solo caso per caso».